Crisi governativa e popolo

«Il Socialista», a. ii, n. 8, 16 giugno 1945, p. 1.

CRISI GOVERNATIVA E POPOLO

Dopo un mese di discussioni a Roma, a Milano, e poi di nuovo a Roma, la crisi del governo si è aperta ufficialmente martedí con le dimissioni di Bonomi che, malgrado le scarse proteste di fedeltà di qualche vecchio parlamentare, si è sentito del tutto isolato ed ha contemporaneamente tentato di creare fretta e nervosismo in un momento di incertezze approfittando della confusione provocata dalla candidatura democristiana affacciata quando le masse lavoratrici, nella loro grande maggioranza, attendevano con giustificata speranza un governo a direzione socialista.

Manovre di vecchi uomini e di partiti di destra (lettera dei liberali per svalutare i C.L.N. e sostanziale veto democristiano alla candidatura socialista) che non devono tanto farci ammirare l’abilità tattica di queste forze quanto farci comprendere la necessità di una unione sempre piú leale e fattiva dei partiti di sinistra che devono contare inevitabilmente su resistenze ed intrighi ad ogni passo innanzi verso quella sostanziale democrazia che non consiste certo nella assurda parità delle grandi masse di sinistra ricche di forza e di esigenze storiche con i residui, se pur formidabili, di un sistema cadente.

Tuttavia la spinta verso sinistra, gli effetti di un vento del Nord pur mitigato dai tepori romani, la decisa posizione dei due grandi partiti proletari, piú strettamente uniti che nella crisi di novembre, hanno impedito che, caduta la candidatura socialista che sarebbe stata la piú adatta e soddisfacente, il pendolo si spostasse precipitosamente verso destra o si arrestasse verso qualche posizione di centro destrorso quasi ugualmente pericolosa e insufficiente ad adeguare una situazione italiana che, piaccia o no a molta gente, è sempre piú simboleggiata dal colore di quelle bandiere innumerevoli che gli alleati hanno trovato in tutte le città del nord.

Cosí i partiti sembrano giunti ad accordarsi sul nome di Ferruccio Parri, vecchio combattente antifascista, capo delle formazioni partigiane dell’Italia settentrionale e quindi indubbiamente adatto a dirigere un governo che nasce dopo la rivoluzione antifascista del nord e che deve preparare la Costituente a cui la forze partigiane hanno particolarmente aspirato quando sotto le insegne dei partiti di sinistra hanno combattuto non certo per un’Italia monarchica e reazionaria, ma per una patria repubblicana e progressista, aperta ad ogni rinnovamento richiesto dal popolo e dalla piú alta coscienza moderna.

Ma naturalmente l’essenziale è vedere l’esatta composizione del nuovo governo perché non basta la direzione di un uomo, che pure viene a rappresentare piú che l’indirizzo del suo partito una larga esigenza di rinnovamento, senza una compagine che, rispettando la unità del C.L.N., indichi chiaramente il peso di quei partiti a cui il popolo guarda con maggior fiducia. Ci sembra perciò non azzardato pensare che in questo nuovo governo i socialisti e i partiti proletari in genere dovranno ottenere non i soliti contentini, ma posizioni importanti che permettano loro di potere onestamente assumersi la responsabilità di un governo di cui proprio a loro il popolo chiederà conto. Posizioni essenziali a cui ci dà diritto la nostra aderenza ai problemi veri della ricostruzione italiana che presuppone la garanzia sicura della Costituente con tutte le sue conseguenze di repubblica, socializzazione, riforma agraria, a cui ci dà diritto la sensazione sempre piú precisa e diffusa nel paese che ormai senza i rappresentanti delle forze proletarie non si fa piú un vero governo in Italia, ma si dà solo vita ad una larvata forma di dittatura conservatrice che sarebbe alla lunga capace di provocare una pericolosa irritazione nelle masse deluse e i piú tristi risultati. Tanto che dovrebbe essere chiaro a tutti (tranne certo a coloro che hanno l’unico scopo di difendere una situazione sociale ingiusta ed assurda per l’unico loro interesse personale) come anche l’ordine, la pacificazione cosí necessari per la ripresa della nostra vita nazionale non potranno veramente ottenersi se non con un governo alle cui leggi il popolo possa veramente e sinceramente obbedire perché sicuro di non essere nuovamente ingannato, di non essere nuovamente governato per la maggiore gloria e potenza di una sola classe, per l’affermazione proprio di quelle forze da cui esso sente di essere stato tradito e sfruttato con la guerra ed il fascismo e da cui teme non solo il perpetuarsi dei privilegi e degli abusi, ma la possibilità di nuove guerre, di nuovi fascismi.